Nella zona tra Montepulciano e Acquaviva, in provincia di Siena, la viticoltura toscana produce l’ennesimo vino di grande livello qualitativo: il vino Nobile di Montepulciano. Proprio in questo areale Federico Forsoni acquistò inizialmente 35 ettari di terreni, che oggi sono diventati 50, con lo scopo principale di allevare bestiame e produrre cereali, riservandosi sei ettari di vigneto destinato alla produzione del vino per uso familiare.
Alla morte di Federico l’azienda viene ereditata dalla figlia Dora che, fin da subito, si dedica anima e corpo a una radicale trasformazione della stessa, facendone una cantina dedita alla coltivazione dei vitigni autoctoni della zona: Prugnolo Gentile (il modo con cui viene chiamato il Sangiovese in quell’areale), Mammolo, Malvasia, Trebbiano, Grechetto e il Canaiolo nero.
È proprio la determinazione di Dora che affascina l’amica Patrizia, e la trascina all’interno della cantina, dove i compiti sono ben chiari: la prima si occuperà della produzione enologica mentre la seconda prenderà in mano la parte gestionale del’azienda.
Il connubio funziona e queste due signore dall’aspetto così rusticamente contadino, che ho incontrato più volte ai banchi di degustazione delle fiere enologiche, riescono a far comprendere la qualità dei loro vini a una cerchia di appassionati che si allarga anno dopo anno, fino ad arrivare a conquistare i mercati internazionali più prestigiosi.
Eppure la ricetta dei vini Sanguineto è relativamente semplice e tradizionale: attenzione spasmodica al ciclo produttivo delle singole piante, bassissima concimazione, niente interventi invasivi o trattamenti preventivi. L’unica deroga riguarda l’utilizzo di rame e zolfo, esclusivamente al presentarsi di malattie della vite.
Tanta attenzione in vigna ne esige molta meno in cantina, perchè Madre Natura ha fatto quasi tutto in vigna, quindi adesso c’è solo da lasciar partire la fermentazione spontanea con i lieviti autoctoni e poi lasciare affinare il vino ottenuto in grandi botti di rovere.
Pur essendo famosa principalmente per i suoi rossi, Sanguineto produce anche un vino bianco igt, il Bianco Toscano per l’appunto, un blend di uve (Malvasia Toscana, Malvasia a Bacca Bianca, Trebbiano Toscano, Biancame e Grechetto Bianco) piantate in località Sanguineto.
Su un terreno di medio impasto, di origine pliocenica (tra i 5,3 e i 2,5 milioni di anni fa), i vigneti sono stati impiantati a partire dal 1963, con gli ultimi innesti effettuati nel 2017, sempre con una densità d’impianto che si aggira intorno alle 2400 piante per ettaro, tutte poste in una condizione ottimale per quanto riguarda l’esposizione.
Da qui le uve vengono raccolte con cura in cassette e immediatamente portate in cantina dove subiscono la completa diraspatura e la suddetta fermentazione naturale, della durata di poco superiore a un mese. Nel caso di questo bianco l’affinamento ha luogo in vasche di cemento vetrificato, dove sosta per qualche mese prima di essere imbottigliato e venire commercializzato.
L’annata 2015 sfoggia un colore paglierino intenso, lievemente opalescente, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di pera Kaiser, uva spina, clorofilla e fieno, seguite da toffee balsamica, anans disidratato e tabacco biondo. Il palato coniuga la freschezza apportata da una leggera ossidazione, a mio avviso voluta e molto ben controllata, a un buon corpo, in cui fa capolino una discreta morbidezza che funge da contraltare alla freschezza iniziale; il tutto arricchito del ritorno della frutta fresca e disidratata, e del fieno, che accompagnano il sorso a una chiusura succosa e di buona lunghezza.
RATING: ⭐⭐⭐⭐
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