L’influenza che la piccola Maison Jacques Selosse ha esercitato, sui produttori della Champagne, è un dato di fatto incontrovertibile che testimonia l’importanza dei 40 anni di studio e di ricerca da parte del carismatico Anselme Selosse. Tutto comincia all’incirca nel 1974 quando il giovane Anselme, una volta terminati i suoi studi di enologia in Borgogna, entra nella Maison fondata dal padre Jacques 15 anni prima.
Sono anni caratterizzati da un monopolio quasi assoluto da parte di pochi grandi produttori, che hanno imposto un gusto abbastanza standardizzato ai loro champagne, ricavati da uve spesso acquistate in base all’appellation di provenienza, senza una reale zonazione all’interno dell’appellation stessa. Anselme, invece, avendo studiato la precisione con cui in Borgogna si definisce la qualità dei singoli Cru e, talvolta, dei singoli filari del medesimo vigneto, vede in questo processo la risposta all’esigenza di creare uno stile nuovo e caratteristico per i suoi vini.
Le sue idee diventano realtà nel 1980 quando, a meno di 30 anni, rileva dal padre la Maison e comincia a sperimentare uno stile che in vigna si basa sull’esaltazione di ognuna delle 54 parcelle della cantina, distribuite su 8,3 ettari di terreni nelle zone più prestigiose, quasi tutte Grand Cru, del nord della Côte de Blancs e del sud della Montagne de Reims. Questa minuziosa zonazione è accompagnata dalla raccolta delle uve a piena maturazione, prodotte, in quantità bassissime, da piante allevate con principi di viticoltura naturali che si fanno progressivamente sempre più radicali, e che lo portano a sostenere che i maggiori turbamenti alla natura sono opera dell’uomo e che, di conseguenza, ci si deve sforzare d’interferire con la natura il meno possibile.
Anche in cantina la convinzione è che la vinificazione debba essere la più spontanea possibile, con l’utilizzo di ceppi di lieviti ricavati dai suoi stessi vigneti e la riduzione drastica dell’uso di SO2 e del liqueur d’expedition, ottenuto da solo fruttosio puro d’uva. Una menzione a parte merita la tecnica dell’affinamento dei vini di base, sulle fecce fini, in barriques (nuove al 20%), tecnica di chiara ispirazione borgognotta che consente ad Anselme di gestire la loro ossigenazione fino ad ottenere un lieve ossidazione.
Dal 2018 Anselme ha ceduto il testimone dell’azienda al figlio Guillaume, anch’egli enologo, che oltre ad aver lavorato gomito a gomito con il padre, dal 2012, dal 2009 produce i suoi champagne a marchio “Guillaume S.”, con risultati che lasciano intuire come l’eredità paterna sia decisamente in buone mani.
Tra le etichette Selosse più interessanti trova spazio senza dubbio l’Extra Brut Le Bout Du Clos, uno degli champagne provenienti da lieux dits specifici che in questo caso consistono in una singola parcella interamente vitata a Pinot Nero nel comune di Ambonnay. Qui le uve vengono accudite adottando, come già detto, una filosofia biodinamica applicata con precisione chirurgica e, solo quando sono giunte a piena maturazione, possono essere raccolte manualmente con una attenta cernita in pianta dei grappoli più sani da inviare alla cantina. Una volta attenuti i vini base, si procede al loro assemblaggio, con vini di altre annate, secondo il sistema perpetuo della Solera, e al periodo di rifermentazione in bottiglia che dura circa sei anni. Dopo la sboccatura, le circa 2000 bottiglie prodotte annualmente vengono ricolmate con un liqueur d’expedition dal dosaggio quasi inesistente (tra 0 e 2 grammi/litro) e, quindi, riposano ancora qualche mese, con il tradizionale tappo a fungo, prima della immissione nel mercato.
L’esemplare sboccato nel Febbraio 2020 sfoggia un colore dorato davvero intenso, unito a un perlage tanto fine quanto persistente, e un ventaglio olfattivo che si apre su note di albicocca disidratata, uva passa, fragolina di bosco, melagrana, seguite da scorza di lime, miele di castagno, croissant e vaniglia con l’immancabile chiusura su toni iodati/minerali e ossidativi di Sherry Fino (un vero e proprio marchio di fabbrica di questa cantina). Il palato riesce nel difficile compito di unire insieme morbidezza glicerica e freschezza ossidata, anche grazie a una spina dorsale data dal perlage che “guida” il cavo orale ora verso la prima, ora verso la seconda; il tutto arricchito dal ritorno della frutta, delle spezie e dello Sherry Fino che conducono il sorso a una chiusura succosa luminosa.
Punteggio: 95/100
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