Tra i protagonisti della nascita e dello sviluppo della moderna enologia in Friuli-Venezia Giulia trova posto, senza dubbio, la figura di Dorino Livon, un vero e proprio pioniere tanto del Collio quanto dei Colli Orientali del Friuli.
Risale al 1964, infatti, il primo appezzamento di vigneti acquistato da Dorino, espansosi, progressivamente, fino ad arrivare a coprire gli attuali 180 ettari. A metà degli anni ’80 il testimone dell’azienda passa dal fondatore ai figli Valneo e Tonino i quali, oggi, hanno lasciato spazio alla terza generazione di famiglia, i nipoti Matteo e Francesca.
È a Valneo e Tonino che va riconosciuta la scelta di esaltare la produzione con la divisione tra la linea dei vini “classici” e quella dei vini “Cru”, il fiore all’occhiello della cantina, mentre, grazie a Francesca e Matteo, oggi l’azienda dispone di due cantine separate, dedicate rispettivamente alla produzione dei vini rossi e bianchi.
Negli anni, i Livon hanno preso coscienza della necessità di estendere la loro filosofia produttiva per poter rimanere sul mercato in modo efficace, e, tra il 1992 e il 2001, hanno acquisito altre quattro aziende vitivinicole. Anche se sarebbe scorretto fare un confronto tra di loro (anche perché si trovano in diverse zone d’Italia) resta il fatto che la cantina Livon, con le sue etichette in cui campeggia la Donna Alata dell’artista russo Ertè, rappresenta il fiore all’occhiello della famiglia.
Parlando di Livon è quasi obbligatorio menzionare il suo vertice produttivo: il Braide Alte, un blend di Chardonnay, Sauvignon, Picolit e Moscato Giallo coltivati nell’omonimo vigneto in località Ruttars nel Comune di Dolegna del Collio.
Questo vigneto sorge a 250 metri di altitudine, ed è impiantato ad una densità di 8000 ceppi per ettaro su terreni nati da depositi terrosi di origine sottomarina, il celeberrimo Flysh friulano.
Dopo la vendemmia manuale in cassette, le uve vengono indirizzate alla cantina per macerare a freddo prima della pigiatura e della fermentazione in barrique nuove di Allier, a temperatura controllata, sempre in lotti separati. La maturazione dura otto mesi, sempre nelle barrique della fermentazione, ed è seguita dall’assemblaggio delle masse e da un lungo periodo di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione.
L’annata 2018 sfoggia un colore paglierino di media intensità e discreta consistenza, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di iodio, mango, albicocca disidratata e pesca gialla surmatura, seguite da erba verde appena falciata, nocciola tostata, camomilla e resina, con echi conclusivi di osso combusto e selce umida.
Nonostante il naso piacevolmente articolato, è il palato il punto forte di questo vino, grazie a un ingresso scintillante, perfettamente bilanciato tra acidità e grassezza, tra ampiezza e impalpabilità, e a una persistenza in perfetto equilibrio tra sapidità e morbidezze gliceriche; il tutto arricchito dal ritorno della frutta gialla surmatura e dello iodio, che accompagnano il sorso verso una chiusura di eccellente lunghezza.
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