
Secondo le fonti disponibili pare che la famiglia Parusso abbia cominciato ad occuparsi di uva e vini già nel 1901 quando il pioniere Gaspare acquistò il suo primo vigneto in località Mariondino, a Castiglione Falletto. Da allora questa famiglia ha continuato nel suo percorso simbiotico con la vite fino al 1971 quando Armando Parusso, dalla sua cantina a Cascina Rovella (in località Bussia), comiciò a imbottigliare il suo vino con una propria etichetta. Il binomio Parusso/vino di qualità, però, ha cominciato a diffondersi, soprattutto con l’opera di Marco, il figlio di Armando, che dal 1990 guida la cantina “Parusso Armando di Parusso F.lli Società Agricola” coadiuvato dalla sorella Tiziana.
Per apprezzare il lavoro Incedibile che Marco profonde, tanto in vigna quanto in cantina, è necessario cercare di comprendere l’uomo sensibile, schietto fino al midollo (e talvolta un po’ tranchant) che si cela dietro il vigneron. Marco ha osato (e continua ad osare tutt’oggi) sfidare le convenzioni e gli stereotipi che accompagnano da decenni i vini di Barolo, partendo da un dubbio amletico, ovvero se davvero il gusto e il profumo, mediamente standardizzati, di quei vini corrispondeva a quanto il Terroir, sfruttato nel modo giusto, era in grado di esprimere. Alla luce di questo dubbio Marco ha cominciato a sperimentare ogni aspetto della fase di vinificazione, partendo dal tipo di viticoltura più adeguata fino ad arrivare allo studio dell’influenza del legno, di varie dimensioni e tostatura, sui suoi vini.
Chiaramente, è difficile racchiudere e sintetizzare il pensiero di quest’uomo, però si possono individuare con una buona sicurezza i pilastri dell sua filosofia produttiva. In vigna vige un’alta densità d’impianto e l’inerbimento spontaneo del terreno, inoltre la concimazione, la lavorazione e la potatura differiscono da una microparcella all’altra, per venire meglio incontro alle singole esigenze di ognuna. In cantina, dopo la potatura e prima della pressatura, le uve sostano ad ossigenarsi per circa 3-4 giorni in una sala dedicata con temperatura, ventilazione e umidità controllate, ionizzate e addizionate di propoli aereo che funge da antibatterico naturale. Questa sosta permette alle uve di ritrovare il loro equilibrio, perso dopo il taglio traumatico del cordone ombelicale che le teneva attaccate alla pianta-madre.
Tra i vini prodotti, una menzione particolare la merita il suo Bricco Rovella, poiché nasce dal primo vitigno (il Sauvignon) su cui Marco ha cominciato a farsi le ossa, nel 1991, nel suo lungo lavoro di sperimentazione. Oggi la ricetta di questo vino prevede l’utilizzo di uve ottenute da impianti di circa 20 anni, in Castiglione Falletto e Monforte d’Alba, a circa 350 metri di altitudine. Dopo la vendemmia e la ossigenazione delle uve, avviene la pressatura soffice, quindi il mosto viene immediatamente travasato in barriques di primo passaggio, dove svolge le due fermentazioni (alcolica e malolattica) costantemente in contatto con i lieviti. Nove mesi in barrique, qualcun altro in bottiglia, e il vino è pronto per la vendita.
L’annata 2016 sfoggia uno scintillante colore paglierino intenso (quasi dorato), con un ventaglio aromatico che inizia da pesca sciroppata, foglia di pomodoro, kumquat e pompelmo, accompagnati da albicocca surmatura, bergamotto, cedrata e nocciola tostata, ed echi finali di burro di Normandia e boisée. Il gusto è decisamente articolato e si sviluppa partendo da un attacco morbido sorretto da un’elegante acidità. Successivamente entra in gioco, sullo sfondo, la componente sapido-minerale insieme al ritorno elegantissimo del boisée e e del frutto giallo surmaturo che accompagnano il sorso fino ad una chiusura di buona lunghezza.
Punteggio: 90/100
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