Nella zona di Terlano si è cominciato a produrre vino almeno nel 6° secolo a.C., visto che risale a quell’epoca una caratteristica roncola per la potatura della vite, molto simile a quelle tutt’ora in uso in quelle zone, nella sottozona “Siebenheich/Settequerce”. D’altro canto, che quella fosse una zona particolarmente vocata, lo sapevano anche i grandi proprietari terrieri che ne detenevano il monopolio nel 19° secolo. Proprio per sfuggire a questo monopolio, un gruppo di 24 piccoli viticoltori fondò, nel 1893, la Cantina Sociale di Terlano, una realtà che si è espansa giungendo a contare attualmente 143 soci, che coltivano 190 ettari di vigne, con l’aiuto dell’enologo Rudi Kofler, e la supervisione del presidente Georg Eyrl. Agli albori, una delle prime decisioni in controtendenza prese dalla cantina fu quella di caratterizzare la linea produttiva con una massiccia presenza di vini bianchi (circa il 70%), mentre nell’Alto Adige di fine ‘800 circa l’80% della produzione era costituita da vini rossi. Un’altra caratteristica della cantina fu, fin da subito, la scelta di vinificare vini longevi, resa possibile grazie ai lunghi periodi di affinamento sulle fecce fini che gli conferivano maggior carattere e complessità. Questa longevità trae origine dalla composizione dei terreni in cui il suolo magro e drenante, e lo scheletro quarzifero di origine vulcanica, determinano valori di pH più acidi della norma, rese per pianta naturalmente più basse, e grande ricchezza polifenolica.
Proprio per esaltare queste caratteristiche, a Terlano hanno cominciato già da mezzo secolo a proporre vini con invecchiamenti molto più lunghi della norma, nella celeberrima linea delle Rarity a cui appartiene anche lo Chardonnay 2000. Si tratta di un vino tirato in circa 3300 unità, ottenuto da vigneti orientati a sudovest, ad un’altitudine di 350 metri s.l.m., coltivati su terreni ripidi, dalla pendenza media del 30-50%, all’interno della DOC Alto Adige Terlano. Dopo la vendemmia manuale e una prima selezione in pianta, le uve sono state pressate a grappolo intero e illimpidite per decantazione spontanea. La lenta fermentazione alcolica, a temperatura controllata, in cisterne d’acciaio, è stata seguita da quella malolattica e da un primo affinamento di un anno, sui lieviti, in grandi botti di legno. Dopo il primo affinamento il vino è stato lasciato maturare per altri 11 anni, sempre sui lieviti fini, in appositi serbatoi d’acciaio.
Nel bicchiere il vino sfoggia un colore paglierino con qualche sfumatura tendente al verdolino, ed un ventaglio olfattivo che si apre su note di mango, albicocca disidratata, clorofilla e nocciola tostata, seguite da pesca sciroppata, camomilla, selce umida e osso bruciato, con echi conclusivi di torrefazione ed idrocarburi. Il palato si sviluppa alternando sapidità e acidità, all’interno di una cornice fatta di morbidezza e di un accenno di pepe bianco; il tutto arricchito dal ritorno della frutta gialla e, soprattutto, dell’osso e e degli idrocarburi, che accompagnano il sorso fino ad una lunga e succosa chiusura.
Punteggio: 95/100
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