Nessuna area vitivinicola al mondo unisce il fascino di una storia plurisecolare, la narrazione della stessa con tratti spesso mitici e leggendari, e una qualità dei vini prodotti, con una incisività e una credibilità maggiori di di quelle della Borgogna. Tutto questo è possibile, all’interno di questa terra affascinante, anche grazie al fatto che esistono aree più o meno estese che sono entrate a buon diritto nel mito grazie ai loro vini, delle vere pietre miliari. È questo il caso del Clos des Lambrays, il Grand Cru monopole di quasi 9 ettari in Morey-St-Denis, tra Chabolle-Musigny e Gevrey-Chambertin, nel cuore della Côte de Nuits.
La storia di questa tenuta, e del suo vino più celebre, inizia addirittura nel 1365 quando, tra le pertinenze dell’abbazia di Citeaux, si trova menzionato per la prima volta un terreno denominato Cloux des Lambrey. Nonostante natali così nobili e antichi, il Clos fu espropriato durante la Rivoluzione francese e suddiviso in 74 proprietari, rimanendo in questo stato fino alla fine del 19° secolo. Il vero momento di svolta arriva soltanto nel 1979 con l’acquisto del Clos da parte di Roland de Chambure e dei fratelli Saier che, lavorando insieme all’enologo Thierry Brouin, portano l’omonimo vino a ottenere lo status di Grand Cru appena due anni dopo, nel 1981.
Per parlare più specificamente di questo vino vale la pena, però, approfondire le caratteristiche di questo vigneto, visto che mai come in Borgogna è l’appezzamento di terra (su cui non è possibile riportare nemmeno 10 centimetri di terreno da una parcella attigua a rischio di perdere il proprio status) ad avere la prevalenza sul vitigno. Ebbene, il Clos de Lambrays è un Climat composto da 202 vigne (con viti tra i 30 e i 60 anni) disposte su collinette e avvallamenti piuttosto eterogenei, caratterizzato da un dislivello altimetrico di 60 metri, con tre distinti lieux-dit: il basso e pesante Meix-Rentier, il medio e calcareo/ghiaioso Les Larrets, e l’alto roccioso/ferroso Les Bouchots. Una volta raccolte le uve, nonostante la ricetta negli ultimi 40 anni abbia subito dei logici perfezionamenti, la vinificazione è ancora ispirata a quella di Brouin. Le uve macerano a freddo, a grappolo intero, e quindi fermentano spontaneamente, in tini di acciaio, con 5-6 follature al giorno per circa 2 settimane, e la temperatura che non oltrepassa mai i 34 gradi. La fermentazione malolattica (generalmente un po’ anticipata) e l’affinamento avvengono in piccole botti di rovere per il 50% nuove
La fresca annata del 2011 ha portato nel bicchiere un vino dal colore rubino lieve, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di durone, granatina di amarena, richiami ematici e ramo verde di china, seguite da arancia sanguinella, melagrana, pot pourri e caffè tostato, con echi conclusivi di incenso, cuoio biondo, grafite ed ebanisteria. Il palato colpisce per l’innata eleganza che si traduce in grande freschezza, tanto citrica quanto balsamica, bilanciata da una morbidezza di frutto più che glicerica, e da un tannino setoso come raramente capita di bere; il tutto arricchito dal richiamo retrolfattivo ancora della frutta fresca, delle note ematico-ferrose e delle spezie che accompagnano il sorso a una chiusura di eccellente lunghezza.
Punteggio: 92/100
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