
La data di nascita della Maison Jean-Jacques Confuron è attestata intorno al 1926 quando un certo Jean Confuron, erede di alcuni vigneti (principalmente a Vosne Romanée), sposò Anne-Marie Bouchard, anche lei erede di vigneti nella zona di Nuits-Saint-Georges e Premeaux, circa 5 chilometri più a sud. La coppia diede alla luce due figli, Christian e Jean-Jacques, che, con il passare del tempo, entrarono progressivamente nell’azienda di famiglia, lavorando gomito a gomito fino al 1980, quando decisero di separarsi prendendo ciascuno metà dei vigneti di famiglia. La parte rimasta nelle mani di Jean-Jacques, ampliata da alcuni terreni portati in dote dalla moglie Andrée Noëllat (della omonima famiglia il quale Domaine fu venduto nientemeno che a Madame Leroy, che lo rese la base sulla quale costruì il suo celebre impero), andò a costituire il fulcro principale del Domaine, da allora noto come Jean-Jacques Confuron. Alla morte di Jean-Jacques la cantina proseguì la sua attività sotto la guida di Andrée e della giovane figlia Sophie, la quale ne divenne titolare a partire dal 1988 insieme al marito Alain Meunier, conosciuto quando entrambi frequentavano il Lycée Viticole di Beaune.
Attualmente il Domaine possiede 8,5 ettari distribuiti principalmente nelle appellations di Nuits-Saint-Georges, Vosne Romaée e Clos Vougeot. In essi si è cominciata a praticare l’agricoltura biologica a partire del 1990, e lentamente anche quella biodinamica, con il rifiuto dei prodotti chimici e, nelle parcelle più pregiate, la sostituzione dei mezzi meccanici con il cavallo, che appesantisce meno i terreni e ne consente una maggiore porosità.
Questo è il caso, ad esempio, della parcella di terra argillo-calcarea del Grand Cru Clos Vougeot, da cui nasce l’omonimo vino. Dopo la vendemmia manuale le uve, inviate alla cantina, effettuano 3-4 giorni di macerazione a freddo, prima di fermentare per circa 14 giorni e, successivamente, venire pressate delicatamente. Il mosto, quindi, viene lasciato a decantare per due giorni, prima di venir trasferito nella barriques (nuove al’80%) per l’affinamento. Infine le masse vengono riassemblate e, dopo l’imbottigliamento, lasciate riposare per 5-6 mesi, per ritrovare un equilibrio omogeneo, prima della messa in commercio.
L’annata 2010 sfoggia un colore rubino con un ring mattonato, preludio di un ventaglio olfattivo che parte da amarena sotto spirito, carne secca, pot pourri e scorza d’arancia, seguiti da carrubo, caffè tostato, humus e incenso del monte Tabor, con echi conclusivi di grafite e vinile. Il sorso è basato sul triumvirato di morbidezza, freschezza citrina, e sapidità, progressivamente affiancato da una lieve vena vegetale-amaricante e una punta di piccantezza, mentre ritorna per via retro-olfattiva l’intera componente speziata unita a una pennellata ematica che rimane lungamente in persistenza, anche dopo la chiusura, anch’essa di buona lunghezza.
Punteggio: 93/100
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