
Per stabilire quando è nato il legame tra la famiglia Drusian e la produzione enologica bisogna risalire a metà del 1800, con i primi membri che si Insediarono a Bigolino, a Valdobbiadene, 30 chilometri a nord di Treviso, in Veneto. Tra gli antenati dell’attuale proprietario, Francesco Drusian, subentrato nel 1984, vale la pena ricordare il nonno Giuseppino e il padre Rino, che diedero un importante impulso alla cantina. La scelta di produrre vino spumante deve però essere ascritta completamente a Francesco, che la prese nel 1986 con l’intenzione di cimentarsi in questo genere di viticultura, definita dagli stessi produttori della zona come “eroica”. Infatti, anche se il vino spumante Valdobbiadene DOCG è attualmente associato al generico Prosecco, ed è diventato, nella sua totalità, uno dei vini italiani più celebri e diffusi, questo fatto non dovrebbe trarre in inganno: a Valdobbiadene il paesaggio appare romantico solo per un turista estemporaneo. Chi ci vive, invece, sa che se vuole produrre vino deve fare i conti con le sue caratteristiche colline, tanto pittoresche quanto problematiche da lavorare, al punto da richiedere, per ogni ettaro coltivato (quasi sempre manualmente), dalle 600 alle 800 ore annuali, contro le 100 previste per i terreni pianeggianti.
Il lavoro in vigna da Drusian è accompagnato dall’adozione di pratiche rivolte a migliorare lo stato di salute delle piante (e delle uve), come il rifiuto della chimica di sintesi e l’utilizzo esclusivo di concimi organici. Questa scelta ha consentito, tra l’altro, di tutelare le circa 300 viti centenarie di proprietà che, sovente, vengono utilizzate dalla cantina per creare innesti nelle piante giovani, con lo scopo di tramandare un’eredità botanica così preziosa. In cantina, le uve raccolte negli 80 ettari di proprietà, hanno un periodo di spumantizzazione di circa 4 mesi, nonostante il disciplinare ne richieda soltanto uno, al fine di creare un perlage più elegante e persistente, il tutto in ambienti che sono caratterizzati da una gestione efficiente delle risorse idriche e dai primi tentativi di ricorso alle energie rinnovabili.
Attualmente la cantina conta tre linee di prodotti, una delle quali è chiamata “Collezione Valdobbiadene” e conta, tra le sue fila, il Brut Valdobbiadene docg che ho assaggiato recentemente. Si tratta di un Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore docg composto interamente da uve Glera che crescono su terreni argilloso calcarei esposti a sud, a circa 200/250 metri di altitudine. La vendemmia manuale ha luogo nella prima decade di Settembre, ed è seguita da una pressatura delicata, che porta a una resa di mosto pari al 70% del peso del grappolo intero. Dopo la prima vinificazione in bianco, ha luogo la seconda, in autoclave, col metodo Martinotti/Charmat, che porta alla suddetta presa di spuma lunga, a bassa temperatura (15/16 gradi), per ottenere il massimo della finezza tanto tattile quanto gustolfattiva.
La bottiglia degustata, verosimilmente appartenente all’ultima annata prodotta (la 2020), sfoggia un colore giallo paglierino molto delicato, con un perlage davvero fine ed incessante, e un ventaglio di sentori che si aprono su note di biancospino, pera Decana, nocciola tostata e cedrata, seguite da buccia di lime, felce, clorofilla e mela verde. Nonostante l’immediatezza, il palato colpisce per la buona acidità, per la carezza del perlage e per un’eccellente e succosa componente sapido/minerale; il tutto arricchito dal ritorno della frutta gialla fresca e della clorofilla che accompagnano il sorso fino a una chiusura di buona lunghezza.
Punteggio: 88/100
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