Sono almeno tre millenni che è possibile rinvenire sull’Etna tracce di un modello di viticultura altamente specializzato; non sorprende quindi che fino a pochi anni addietro esistessero negli storici Palmenti (piccole cantine in cui la vinificazione avviene solo grazie al sudore e al lavoro manuale) dei torchi simili a quelli descritti da Catone già nel 160 a.C.. Questo rapporto tra a’ Muntagna (come viene chiamato l’Etna dai Siciliani) e i viticoltori è rimasto costante nel corso dei secoli, tanto che nel 1435 a Catania veniva fondata la Maestranza dei Vigneri; una corporazione in cui le vecchie generazioni tramandavano alle nuove le tecniche vitivinicole tradizionali di quelle terre. Ancora, nel XIX secolo, l’Etna era l’indiscussa capitale del vino siciliano, con contadini specializzati che raccolgono uve a 1000 metri di altitudine per farne vini che dal porto di Riposto venivano spediti in tutta l’Europa e nel mondo.
Questo passato glorioso ha corso seriamente il rischio di estinguersi per via dell’industrializzazione dell’Italia postbellica che aveva creato un fenomeno migratorio importante, sottraendo braccia e menti a quelle terre, tartassate anche da un sistema fiscale che rendeva svantaggioso il lavoro nei campi. Questa situazione è mutata grazie al decisivo intervento di un giovane enologo, Salvo Foti, che raccolse intorno a se un gruppo di viticoltori, unendoli sotto una nuova associazione che riprendeva il nome dei Vigneri. Tra i membri di questo consorzio c’è una realtà giovane e dinamica che si è data l’ambizioso nome de I Custodi delle Vigne dell’Etna.
Si tratta di una cantina che, avvalendosi della collaborazione di Foti in qualità di enologo, è ritornata a forme di viticoltura primordiale con viti ad alberello, in alcuni casi di oltre due secoli, piantate a una densità che talvolta tocca i 10000 ceppi per ettaro. La ricetta per coltivare questi piccoli gioielli di natura è molto semplice: pochissimi trattamenti durante l’anno, soltanto con zolfo e poltiglia bordolese, e una vendemmia a piena maturazione, come nel caso dell’Etna Bianco Ante. L’Ante è un vino che nasce da una particella di 1,3 ettari in Contrada Puntolazzo, sul versante Est dell’Etna, a 750 metri di altitudine, interamente piantata con 14000 barbatelle di uva Carricante (90%), Grecanico e Minnella di circa 10 anni. Una volta selezionate in pianta, le uve vengono raccolte in cassette e inviate alla cantina dove vengono pressate e fermentano a una temperatura controllata di 20 °C. Il vino ottenuto riposa un anno nelle vasche d’acciaio e, successivamente, altri sei mesi in bottiglia, prima della commercializzazione.
L’annata 2015 sfoggia un colore paglierino lieve e brillante, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di susina, nespola, nettarina e biancospino, seguite da clorofilla, miele di corbezzolo, nocciola tostata e conchiglia combusta. Il palato è piacevolmente fresco e sapido, dalla pronunciata acidità e dal medio corpo, con una punta di pepe bianco e il ritorno retrolfattivo della frutta a polpa bianca e della spezia che accompagnano il sorso fino a una chiusura di buona lunghezza.
Punteggio: 89/100
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