La rivoluzione vitivinicola avvenuta sull’Etna a cavallo tra il secolo scorso e questo, per opera di figure quali Giuseppe Benanti, Marc de Grazia, Andrea Franchetti e Salvo Foti (ognuno con una sua precisa identità), ha avuto il merito di riportare questo vulcano al centro del dibattito sui vini siciliani tout court. Sulla scia dell’entusiasmo suscitato da queste figure, in molti hanno cominciato, o ricominciato, a produrre vino nelle varie contrade etnee, come nel caso della cantina Pietradolce. Tutto è partito nel 2005 quando Michele Faro, discendente di una famiglia proprietaria di un celeberrimo vivaio, specializzato in piante da frutto, a Giarre, inizia la sua avventura acquistando un primo vigneto a Solicchiata, sul versante nord dell’Etna.
I vigneti, che oggi sono diventati tre, per un totale di 11 ettari tra i 600 e i 900 metri di altitudine, nelle contrade Rampante e Zottorinoto, sono stati ristrutturati da Michele preservando uno degli assets più preziosi: le viti prefillossera di fine ‘800. Il sistema d’impianto è stato rivisto con un approccio che coniuga tradizione, lo storico alberello etneo, e modernità, la potatura a guyot, che permette una crescita ordinata dei frutti e dell’apparato fogliare. Lo stesso mix è stato adottato per la costruzione della cantina, avvenuta utilizzando materiali locali, quali la pietra lavica, combinandoli secondo tecniche costruttive moderne ed eco sostenibili quali sviluppo sotterraneo, coibentazione naturale e risparmio elettrico.
Tra i vini prodotti, quelli di ingresso sono gli Etna Bianco e Rosso, con quest’ultimo ottenuto da uve Nerello Mascalese in purezza cresciute nel vigneto di Solicchiata, a 800 metri di altitudine. Una volta raccolte manualmente le uve vengono pressate delicatamente prima di fermentare e macerare, a contatto con le bucce, per poco più di due settimane. La fermentazione malolattica avviene spontaneamente in tonneaux dove il vino affina per 3 mesi prima dell’imbottigliamento e della commercializzazione.
L’annata 2019 sfoggia un colore tra il rubino lieve e il granato, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di visciola, pomodoro concentrato, carne arrosto e alloro, seguite da dattero, fiore di zagara, radice di liquirizia e caffè tostato. Il palato è molto fresco e succoso, con un tannino vivo e graffiante e un buon equilibrio tra acidità e sapidità; il tutto arricchito dal ritorno della frutta rossa e delle spezie che conducono i sorso ad una chiusura su note di bergamotto e vinile.
Punteggio: 87/100
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