Nonostante gli spumanti Franciacorta siano costantemente tra i migliori spumanti italiani, vale la pena ricordare che si tratta di una zona produttiva nata alla fine degli anni ’70 e riconosciuta ufficialmente con la DOCG soltanto nel 1995. Il nome della zona deriva dal latino “curtes francae” (corti franche) e questo sembrerebbe indicare che nell’Alto Medioevo (tra il VI e l’XI secolo) quelle terre erano esenti dal pagamento dei tributi, un privilegio concesso alle piccole comunità di Benedettini che le abitavano. Come è noto, negli insediamenti monastici il vino era una necessità per poter celebrare la messa, ma questo non implica che il vino fosse prodotto dai monaci stessi. Anche il nome della capitale di questa zona di 200 chilometri quadrati, Erbusco, sembrerebbe essere una italianizzazione del longobardo “der busche” (il bosco) e indicherebbe la vocazione boschiva, e non agricola, della zona.
Certo è che queste fonti storiche sono state utilizzate mirabilmente dai produttori franciacortini per costruire una narrazione suggestiva e affascinante in grado di accompagnare i loro vini spumanti, come nel caso della cantina Derbusco Cives, il cui nome significa semplicemente “cittadini di Erbusco” o “cittadini del bosco”. Si tratta di una cantina nata nel centro di Erbusco, nel 2004, per opera di Luigi Dotti, Stefano Pedrotti, Maria Paola Redoglio, Dario e Giuseppe Vezzoli, cinque amici che si sono messi in testa un’idea ambiziosa e sfidante: creare il miglior Franciacorta di tutti. Ovviamente il progetto ha bisogno di tempo, ma non mi sembra eccessivo affermare che la cantina è partita con il piede giusto, a giudicare già dai primissimi vini messi in commercio.
La cantina possiede 12,5 ettari di vigneti situati sulle colline moreniche che circondano Erbusco, la zona qualitativamente più prestigiosa, piantate con Chardonnay e Pinot Nero. Le uve vengono raccolte soltanto a piena maturità e quindi con una acidità di partenza minore, problema che si risolve lavorando sulla resa in fase di pressatura, ampiamente al di sotto del 60% (la percentuale massima consentita per chi vuole servirsi del solo mosto fiore). Dopo la fermentazione e un affinamento di circa sei mesi (parzialmente in barrique e sempre a parcelle separate), i vini sono assemblati per poi essere imbottigliati senza aggiunta di zucchero di canna, e lasciati affinare sui lieviti più a lungo di quanto il disciplinare non richieda. Il Doppio Erre Di ad esempio, un Franciacorta Brut composto all’85% da Chardonnay e al 15% da Pinot Nero, il cui nome significa Ritardato Degorgement Recentemente Degorgiato, è un vino che affina 30 mesi (contro i 18 previsti) e immesso nel mercato appena degorgiato (anche il liqueur d’expédition non contiene saccarosio), senza ulteriore affinamento con il tappo a fungo.
Nel calice il vino sfoggia un colore giallo paglierino piuttosto intenso unito a un perlage sottile, fine ma costante, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di nettarina e prugna gialla mature, biancospino e scorza di cedro, unite a kumquat, miele millefiori, crema pasticcera e croissant. Il palato è caratterizzato da grande rotondità e morbidezza, con una deliziosa cremosità del lieve perlage e una buona componente sapido/minerale; il tutto accompagnato dal ritorno della frutta gialla matura e del croissant che conducono il sorso ad una chiusura di ottima lunghezza.
Punteggio: 88/100
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