Se la zona della Costa Toscana meridionale ha una sua storia enologica basata sui vitigni indigeni, quali il Sangiovese e il Ciliegiolo, e quella centrale è saldamente presidiata dai vini di Bolgheri, a nord di questo areale risulta difficile individuare una tradizione produttiva altrettanto sviluppata. Proprio per questa ragione stupisce ancora di più l’incredibile lavoro di posizionamento che l’azienda agricola DueMani è stata in grado di fare in appena una ventina d’anni di storia. La storia del successo di questa cantina diventa ancor più emblematica se si considera che questo va interamente ascritto alla caparbietà dei suoi proprietari, Elena Celli e Luca d’Attoma, che decisero di portare avanti il progetto nonostante le analisi preimpianto avevano dato un esito davvero poco incoraggiante.
Infatti, i primi terreni individuati, situati su un pendio di Riparbella, un piccolo centro nel comune di Pisa, erano scoscesi ed estremi poiché erano incolti da anni, pieni di sassi e in uno stato di semi abbandono. Ciononostante Elena (che oggi si occupa della parte amministrativa) e Luca (uno dei più prestigiosi enologi italiani) decisero di piantare i primi 7 ettari di Syrah, Merlot e Cabernet Franc, ad alta densità, con un progetto ben chiaro: rivitalizzare quei terreni per mezzo dei principi biodinamici. Oggi si sono aggiunti altri tre ettari nella vicina Castellina Marittima, dove ha sede anche la nuova cantina (finita di costruire nel 2014), e la filosofia produttiva non è cambiata; anzi, è arrivata anche la certificazione Demeter, senza dubbio la certificazione biodinamica più celebre e rigorosa. Il resto lo fanno il clima, le favorevoli condizioni meteorologiche e tanto lavoro in vigna, quasi esclusivamente manuale, ad eccezione di sporadici interventi operati con piccoli trattori leggeri.
Oltre al celeberrimo Cabernet Franc e all’altrettanto noto Syrah Suisassi, il trittico dei top wines della cantina è completato dal G.Punto ottenuto da uve Alicante (Grenache) in purezza coltivate a Castellina Marittima, a 350 metri di altitudine, con una densità di oltre 7000 ceppi per ettaro allevati ad alberello. Dopo una prima selezione manuale in vigna, e la loro vendemmia manuale in piccole cassette, le uve sono inviate alla cantina per la diraspatura e per una seconda selezione, acino per acino, su apposito tavolo di cernita. La fermentazione spontanea, grazie ai lieviti indigeni, viene svolta in orci di terracotta, a temperatura controllata, con frequenti follature e rimontaggi, ed è seguita da una macerazione di tre mesi sulle bucce. Il vino ottenuto viene travasato in barrique di secondo passaggio dove affina per poco meno di un anno, prima dell’imbottigliamento, senza chiarifica né filtrazione, e la messa in commercio.
L’annata 2019 sfoggia un colore rubino di media intensità e consistenza, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di amarena sotto spirito, prugna cotta, carrubo e concentrato di pomodoro, seguite da arancia sanguinella, oliva nera, macchia mediterranea e carpenteria, con echi conclusivi di goudron ed ematico/ferrosi. Il palato riesce nell’impresa di bilanciare l’evidente morbidezza a un altrettanto evidente freschezza agrumata, con un contorno di sapidità quasi iodata e di intensi ed eleganti tannini; il tutto arricchito dal ritorno della frutta rossa e dalla componente ematico/ferrosa che accompagnano il sorso a una chiusura di eccellente lunghezza.
Punteggio: 95/100
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