
Dal 1988, nel Collio Goriziano, terra segnata da una guerra fratricida durante la Seconda Guerra Mondiale, ha sede la cantina di Damijan Podversic, con i suoi vigneti, collocati sulla sommità del Monte Calvario, protetti da una fitta boscaglia. La vocazione alla viticoltura Damijan l’ha ereditata da suo nonno, che coltivava terre non di proprietà vendendone il vino per un pugno di mosche, e da suo padre, da cui ereditò appena mezzo ettaro. Solo con molti sacrifici e determinazione Podversic, coadiuvato dalla moglie Elena e dai suoi tre figli, è riuscito ad ampliare l’estensione dei vigneti, arrivando a possedere circa 10,5 ettari. Per vinificare queste uve nel miglior modo possibile stanno per terminare i lavori di costruzione della nuova cantina, quasi interamente interrata per garantire una temperatura ambientale più fresca, grazie anche alle marne arenarie (ponka) lasciate a vista, basata sul principio di vinificazione per gravità. Qui saranno ospitate le uve, frutto di una viticultura di impronta naturale, anche se Damijan stesso ammette che “il vino in natura non esiste; per ottenerlo è necessario svolgere due attività tecniche: la vendemmia e la pigiatura, dopo di che partono le fermentazioni. Il lavoro più importante va fatto in vigna”.
Il punto di partenza è dunque l’uva, che viene raccolta manualmente a piena maturazione (ed anche oltre) e inviata in piccole cassette di legno alla cantina. Appena arrivata affronta il processo di vinificazione in legno, seguendo scrupolosamente le fasi lunari, con un periodo di macerazione sulle bucce di circa 3 mesi (da quando parte la prima fermentazione tumultuosa spontanea fino al termine della malolattica) ed un periodo di affinamento in legno grande. Il vino bianco Kaplja Riserva, ad esempio, ottenuto da uve interamente botritizzate, nasce da un vigneto esposto a Sud-Ovest, a 110 metri di altitudine, acquistato nel 1991 in Gradiscutta. Si tratta di un blend di Chardonnay (40%), Malvasia (30%) e Nekaj (30%) coltivati, con una resa bassissima (20 quintali per ettaro), su un terreno molto povero, in cui convivono argille di sedimenti eolici (Opoka) e marne da arenarie stratificate (Ponka). Si tratta di un blend di Chardonnay (40%), Malvasia (30%) e Nekaj (30%) coltivati, con una resa bassissima (20 quintali per ettaro), su un terreno molto povero, in cui convivono argille di sedimenti eolici (Opoka) e marne da arenarie stratificate (Ponka).
L’annata 2005 sfoggia un colore ambrato lievemente velato, ed un ventaglio olfattivo che parte da vinile, uva sultanina, clorofilla, albicocca disidratata e miele millefiori, con un contorno di erbe officinali, kumquat, mela caramellata e cedro candito, ed echi lontani di mandorla tostata, fiori bianchi secchi, tè macerato e zafferano. In bocca il vino colpisce per la sua freschezza, sia balsamica che citrica, e sapidità, insieme ad un lievissimo effetto tannico, frutto della prolungata macerazione sulle bucce, e una discreta morbidezza, il tutto accompagnato dal ritorno retro-olfattivo di vinile, tè, clorofilla e agrumi che accompagnano il sorso fino ad una chiusura di notevole lunghezza e persistenza.
Punteggio: 92/100
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