Per spiegare in maniera esaustiva l’importanza della cantina altoatesina Hofstätter occorre, prima di tutto, ricordare il suo legame con Termeno e con la sua storia vinicola plurisecolare. Si comincia a parlare di vino a Termeno già nel 1100, ed in un documento del 1214 si legge dell’autorizzazione concessa dal vescovo di Trento alla produzione di vino nel suo areale. Addirittura, nel 1379, le fonti storiche menzionano una particolare tipologia di Lagrein, il “Lagarinum”, prodotto proprio nell’areale di Termeno. Addirittura, a partire dal 16° secolo, si arrivò ad appore sulle botti dei vini di Termeno (i “Traminer Wein”) vendute un po’ in tutta la Bassa Atesina, dei sigilli che ne garantivano la zona e la modalità di produzione, uniti a documenti ufficiali di accompagnamento.
Conscio di un passato così illustre Josef Hofstätter decise di fondare un’azienda vinicola con lo scopo di fornire vino sfuso da vendere al dettaglio o da destinare al servizio nella sua locanda come vino della casa. Alla morte di Josef, nel 1942, dopo un breve periodo di guida da parte di sua moglie Maria, la cantina passò nelle mani della nipote Luise, che si sposerà con il braccio destro di Josef, Konrad Oberhofer. È con Konrad che la cantina comincia a sviluppare la sua vocazione alla qualità: niente più vini sfusi, imbottigliamento con etichette private e vinificazione separata dei vigneti più vocati sono i tre pilastri sui quali si fonda la sua gestione. A partire dagli anni ’60 questo lavoro viene portato avanti dalla figlia di Konrad e Luise, Sieglinde Oberhofer, e suo marito Paolo Foradori, che acquista alcuni dei più bei terreni attualmente di proprietà della cantina e introduce, per la prima volta, la classificazione “Vigna” per i vini altoatesini che nascono da un unico, specifico, vigneto. Oggi è Martin Foradori Hofstätter e, in varia misura, i suoi tre figli, che gestiscono circa 55 ettari di terreno, tra i 250 e gli 850 metri di altitudine, su terreni di varia composizione, con una produzione di circa 850.000 bottiglie.
Sono tanti i vini degni di nota prodotti da questa cantina ma, indubbiamente, l’ultimo arrivato, il Pinot Nero Ludwig Barth von Barthenau Vigna Roccolo, è quello che ha riportato di forza l’attenzione su questa cantina. Si tratta di un vino ottenuto da vigne di oltre 70 anni su un cru di argilla, calce, porfido e ghiaia fine il cui nome deriva dal fatto che, in passato, vi si trovava un “roccolo”, ovvero una casina per la cattura degli uccelli. Qui le uve vengono selezionate e vendemmiate manualmente prima di una diraspatura interamente manuale, di una seconda selezione effettuata chicco per chicco, e di una breve macerazione a freddo. La fermentazione, a temperatura costante, richiede una decina di giorni, e il vino ottenuto, prima della commercializzazione, segue un periodo di affinamento in tre fasi: 12 mesi in barrique per lotti separati, 6 mesi in un’unica grande botte con le masse assemblate, e altri 12 mesi in cantina.
L’annata 2015 sfoggia un colore rubino con lievi screziature aranciate, e un ventaglio olfattivo che si apre su note di sciroppo d’amarena, cola, ramo verde di china e pot pourri, seguite da arancia rossa, vinile, torrefazione e tabacco biondo, con echi conclusivi di carpenteria, empireumatici ed ematici. Il palato ha un corpo importante ma questo aspetto viene ben mascherato da una strepitosa freschezza e da tannini fitti ed eleganti, uniti a un tocco di pepe nero; il tutto arricchito dal ritorno della frutta rossa, dei toni empireumatici e di quelli ematici che accompagnano il sorso a una chiusura quasi interminabile.
Punteggio: 95/100
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