La grande varietà dei suoli, dei microclimi e anche dei microcosmi umani che caratterizzano il modo vitivinicolo del Friuli-Venezia Giulia presenta una tale eterogeneità da rendere di fatto impossibile qualsiasi forma di paragone tra di loro. Se, però, sarebbe fuori luogo tentare di mettere sullo stesso piano, ad esempio, Colli Orientali del Friuli, Collio Goriziano e Carso, ciò non toglie che, in ognuno di questi areali, esistono delle vere e proprie enclave di eccellenza che un appassionato ha imparato ad amare, bottiglia dopo bottiglia, nel corso del tempo. Questo è il caso del monte Quarin, ai cui piedi sorgono la celeberrima cittadina di Cormòns, il cuore pulsante del Collio Goriziano, e la chiesetta di Santa Maria, circondata da alcune delle vigne più prestigiose dell’intera denominazione.
Proprio in questo fazzoletto di terra, nel 1928, Giuseppe Raccaro costruisce una casa colonica in cui, negli anni ’70, il figlio Mario, reduce dei suoi studi di enologia, comincia a produrre e commercializzare uva e vino. Il salto qualitativo avviene nel 1986 quando il figlio di Mario, Dario, prende in mano le redini della cantina e comincia ad alzare in maniera decisiva la qualità dei vini prodotti, col sostegno della moglie Dalila. Oggi sono i figli di Dario, Paolo (perito agrario) e Luca (enologo), a condurre un’azienda che riesce a far parlare di se nonostante possa contare su appena sei ettari di vigneti.
La filosofia produttiva della cantina è piuttosto semplice, ed è basata su una grande dose di buonsenso, volto ad esaltare quanto di buono i celebri terreni di flysch eocenici (in Friuli noti come “ponca”) riescono ad apportare alle uve. In vigna il suolo viene lasciato inerbire spontaneamente e non viene concimato, mentre in cantina vengono effettuate spremiture soffici e rapide (massimo 50 minuti per turno) seguite da decantazione statica a freddo. Tra i quattro vini prodotti si trova la Malvasia del Collio, un vino che svolge le due fermentazioni (alcolica e malolattica) in vasche d’acciaio, a temperatura controllata (18°-20°), e matura sulle fecce fini, sempre in acciaio, per circa sei mesi, prima dell’imbottigliamento.
L’annata 2020 sfoggia un colore giallo paglierino con un ventaglio olfattivo che si apre su note di nespola, prugna gialla, iodio e biancospino, seguite da miele di corbezzolo, clorofilla, pepe bianco e ciottoli umidi. Il palato si sviluppa con un gioco di rimandi tra sapidità iodata e morbidezza con un lieve sottofondo di balsamicità e piccantezza: il tutto arricchito dal ritorno della frutta gialla in punta di maturazione e della mineralità che accompagnano il sorso ad una chiusura di buona lunghezza.
Punteggio: 88/100
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