Parlare della viticultura alsaziana senza nominare Zind-Humbrecht è un esercizio speculativo piuttosto complicato, poiché si tratta della cantina che, forse più di tutti, ha contribuito allo sviluppo di questa regione. Il Domaine è nato nel 1959 dall’unione dei terreni della famiglia Humbrecht e della famiglia Zind, due dinastie che da secoli coltivavano la vite a Gueberschwihr (Humbrecht) e Wintzenheim (Zind), in Alsazia, unite dal matrimonio tra Léonard Humbrecht e Geneviève Zind.
L’importante opera di Léonard è cominciata con l’acquisto dei migliori terreni della regione, tra gli anni ’60 e ’70, che vivevano in uno stato di trascuratezza per via delle loro pendenze eccessive che ne rendevano complessa la lavorazione. Una volta acquistati, questi terreni vennero immediatamente coltivati con una resa di circa 10.000 ceppi per ettaro, una pratica assolutamente pionieristica per l’epoca, con una resa talmente bassa da scendere sotto i 25 quintali per ettaro. Anche in cantina il lavoro di Léonard portò mutamenti, come l’adozione di un tipo di presse in grado di garantire un’estrazione più delicata, e la creazione di un sistema di controllo della temperatura di fermentazione per le grandi botti di rovere, in cui spesso i parametri sfuggivano di mano. Non va nemmeno dimenticato quanto Léonard, in qualità di presidente dell’Unione per la difesa dei Grands Crus d’Alsace, si sia battuto a lungo per la creazione della denominazione Grand Cru in Alsazia.
Nel 1989 c’è stato il cambio della guardia e il Domaine è passato nelle mani del figlio di Léonard, Olivier Humbrecht che, con sua moglie Margaret, ha dato vita a una seconda rivoluzione ispirata principalmente dall’approccio naturale, tanto in vigna quanto in cantina. Tra le varie novità vale la pena ricordare la scelta della agricoltura biodinamica, l’abbandono dei trattori, sostituiti da tanto lavoro manuale in vigna, il rifiuto di ogni addizionamento chimico (sempre in vigna) e il conseguente rifiuto delle tradizionali ma pesanti pratiche di cantina (addizione di zucchero, di collagene, gomma arabica etc.).
Anche se questa cantina è conosciuta principalmente per i Riesling, non sono certamente da meno i vini prodotti con altri vitigni come nel caso di questo Pinot Gris Rotenberg. Il vino nasce da viti di oltre 30 anni, adagiate su terreni magri e sassosi rossi con pendenze vertiginose (30-40%), composti principalmente da calcare e ferro, presenti già in superficie per via dell’erosione causata dallo scioglimento dei ghiacciai nel Quaternario. È proprio questa particolare composizione dei terreni che causa rese naturalmente molto basse (siamo intorno ai 20hl per ettaro) e una maturazione tardiva con uve ricche e concentrate che, dopo essere state selezionate in pianta, durante la vendemmia, e dopo una delicata pigiatura, svolgono le due fermentazioni (alcolica e malolattica) in tini d’acciaio inox. Sono necessari poi circa 12 mesi in vecchie barrique esauste (i primi 6 in contatto con le fecce fini) prima dell’imbottigliamento e della commercializzazione.
L’annata 2017 sfoggia un colore dorato di grande intensità, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di pesca sciroppata, melone bianco surmaturo, albicocca disidratata e kumquat, seguite da cedro candito, camomilla, petalo di rosa bianca e miele millefiori, con echi conclusivi ferrosi. Il palato è morbido con una importante componete citrina, lentamente stemperata da una buona sapidità e da un accenno di piccantezza; il tutto arricchito dal ritorno del frutto giallo surmaturo che accompagna il sorso ad una chiusura di buona lunghezza.
Punteggio: 89/100
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