
La cantina Pojer e Sandri, unanimemente considerata una delle più importanti realtà vitivinicole del Trentino, è nata nel 1975 dall’incontro tra Fiorentino Sandri, che aveva appena ereditato 2 ettari di vigneti, e Mario Pojer, che si era appena diplomato in enologia al celebre istituto di San Michele all’Adige.
Dopo un primo periodo di viaggi presso le migliori aziende enologiche in giro per l’Europa, alla ricerca di ispirazione e con l’intenzione di apprendere le migliori e più recenti tecniche di vinificazione, i due soci cominciarono a produrre vino, nella zona di Faedo (circa 20 chilometri a nord di Trento), con un approccio volto al miglioramento continuo dei loro cicli produttivi, tanto in vigna quanto in cantina. Se oggi la figura di Mario Pojer viene annoverata tra i viticoltori italiani più innovativi e geniali è proprio grazie alla questa sua profonda curiosità per tutto quello che può contribuire a rendere i suoi vini più buoni, ma anche più puliti e naturali.
In vigna, ad esempio, si è da tempo cessato di utilizzare diserbanti e, in generale, ogni tipo di additivo chimico, per proteggere e migliorare la salubrità delle terre coltivate. Le piante, inoltre, vengono potate con il metodo, ideato dalla celebre società di consulenza vitivinicola Simonit e Sirch, adottato dalle più famose cantine in giro per il mondo (come Leroy ad esempio), basato sullo sviluppo della pianta tramite un tipo di ramificazione che consente il prolungamento della sua età media e una vita più sana. In cantina, invece, è divenuta celebre la grande vasca d’acqua che, come un idromassaggio, lava le uve appena raccolte, eliminando molte impurità e consentendo ai lieviti rimasti sulle bucce di sviluppare una fermentazione più veloce con vini dal profilo più nitido e tipico di quei territori. Infine merita una menzione la pressatura in atmosfera controllata, con azoto e anidride carbonica a rimpiazzare totalmente l’ossigeno, che evita qualsiasi processo ossidativo indesiderato.
Il loro Sauvignon nasce da vitigni fra Palai (a Faedo, all’estremo Nord della Val di Cembra, a 700 metri di altitudine) e Valbona (nella parte più orientale, a 400 metri di altitudine). Si tratta di uno dei vini più famosi della cantina, nonché il primo Sauvignon in assoluto ad essere prodotto in Trentino (1979); un vino che, dopo la attenta cernita delle uve in pianta e i vari passaggi di vinificazione (di cui ho scritto qui sopra) riposa per qualche mese in bottiglia prima della commercializzazione.
L’annata 2019 sfoggia un colore paglierino con un’unghia quasi verdolina, con profumi che sono caratterizzati fin dall’inizio da foglia di pomodoro, pescanoce, ananas ed erba fresca falciata, con un contorno di clorofilla, litchi, sambuco e roccia umida. Il corpo è abbastanza morbido (senza eccessi), con un bell’equilibrio fra acidità citrica e sapidità minerale, unite a una vena leggermente amaricante, ed al ritorno retro-olfattivo della foglia di pomodoro e della clorofilla, fino ad una chiusura golosa di discreta lunghezza.
Punteggio: 87/100
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