
La produzione vitivinicola della famiglia Antinori vanta, tra le sue fila, dei veri e propri monumenti enologici, in grado di scaldare i cuori dei loro appassionati in giro per il mondo. D’altro canto, si tratta pur sempre di una delle Maison più antiche, arrivata alla ventiseiesima generazione, con Albiera, Alessia e Allegra Antinori, figlie del Marchese Piero Antinori, dopo oltre 600 anni di storia. Stando alle fonti ufficiali il capostipite, un certo Accarisio di Antinoro di Combiate, sembra che sia stato proprietario di terreni agricoli nella zona di Passignano, a metà strada tra Firenze e Siena, già nel 1179. La data ufficiale che sancisce l’entrata di questa famiglia nel mondo del vino è però il 1385 quando Giovanni Piero Antinori fu ammesso nella corporazione che tutelava gli interessi dei produttori di vino fiorentini, l’Arte dei Vinattieri.
Il vino degli Antinori doveva essere davvero buono, visto che Francesco Redi, nel 1685, ne decantò la qualità nel suo celebre poema comico-lirico Bacco in Toscana. Per arrivare alla casa vitivinicola come la conosciamo oggi bisogna, però, arrivare al 1898 quando Ludovico e Piero fondarono la Marchesi L&P Antinori, con lo scopo di porre ordine e organizzare, in maniera centralizzata, le varie tenute sparse per la Toscana. Da allora questa azienda è passata di mano al figlio di Piero, Niccolò, sotto il cui impulso fu espansa con l’acquisto del Castello della Sala, in Umbria, e quindi al nipote Piero; un grande innovatore che, oltre ad aver condotto una ampia gamma di sperimentazioni in vigna e in cantina, ha stimolato il suo team di lavoro a produrre i grandi vini che hanno reso questa Maison così celebre.
Tra le tenute di proprietà spicca la Tenuta Tignanello composta da 319 ettari di terreno collinare, tra le valli del Greve e della Pesa, che ospitano anche i 57 ettari del Vigneto Tignanello, esposti a sud-est, tra i 350 e i 400 metri di altitudine. Da questo vigneto nasce l’omonimo Tignanello, un vino leggendario in quanto è stato il primo tentativo di affinare il Sangiovese con varietà di origine bordolese quali Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. L’annata 2010, una annata ideale in Toscana, ha portato in cantina uve di ottima qualità, che hanno fermentato e macerato in tini troncoconici sotto attento controllo e con assaggi quotidiani, per valutare l’evoluzione del mosto. Alla svinatura è seguita la fermentazione malolattica in barrique e, quindi, l’affinamento per 14-16 mesi in botti di rovere, francese ed ungherese, per metà nuove e per metà di secondo passaggio, sempre per lotti separati. Al termine dell’affinamento i lotti sono stati uniti pochi mesi prima dell’imbottigliamento, e dopo un altro anno di riposo si è proceduto alla commercializzazione del vino.
Questo millesimo (2010) sfoggia nel bicchiere un colore rubino davvero intenso, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di Ciliegia surmatura, creme de cassis, prugna cotta e pot pourri, seguite da liquirizia, cioccolato, burro di cacao e erbe mediterranee, con echi conclusivi boisée di caffè tostato, humus, tabacco Balkan Sobranie e grafite. Il palato ha un attacco che impressiona per potenza e ricchezza, con una evidente morbidezza, che non stanca anche grazie al contrappunto con note fresche e balsamiche, e con un tannino di estrema eleganza; il tutto arricchito dal ritorno della frutta rossa e delle spezie che caratterizzano anche la quasi interminabile persistenza.
Punteggio:94/100
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