Come raccontare un vino prodotto da Montesecondo?
È la prima domanda che mi sono posto, alla ricerca di uno stimolo che da solo racchiudesse la articolata realtà umana, territoriale e produttiva che caratterizzano questa cantina.
Dopo un po’ mi son reso conto che, come sempre, bisognava partire dall’uomo che sta dietro il nome Montesecondo, Silvio Messana, una persona dalla vita articolata e ricca di spunti intellettivi; una persona da cui, come vedremo, tutto ci si potrebbe aspettare tranne la produzione di vini mediamente simili a quelli dell’areale in cui opera.
Silvio, nato a Firenze, trascorre l’infanzia e l’adolescenza, fino ai 18 anni, tra Libia e Tunisia, in zone dove la sua famiglia possedeva terreni e coltivazioni. Diventato maggiorenne, Silvio si iscrive all’Università di Berkley a Boston, per studiare musica (principalmente sassofono e composizione). Terminato il periodo di apprendimento si trasferisce a New York, dove alterna il lavoro di sassofonista a quello di compositore di colonne sonore, e a quello di venditore di vini.
Silvio non lo sa ma abbiamo molti più punti in comune di quanti lui pensi: anch’io ho studiato musica (tra i vari corsi di studio anche composizione) prima di passare al mondo del vino, vendendolo nella mia ex enoteca di Roma. È a questo punto, però, che le nostre vite prendono due percorsi differenti: io continuo a studiare, e assaggiare, vino, a scopo comunicativo, lui decide di produrlo nel terreno di famiglia a Cerbaia, vicino a San Casciano in Val di Pesa, nel 1999.
Questo terreno, in una delle zone più vocate del chiantigiano, si è progressivamente espanso, fino ad arrivare a coprire gli attuali 17 ettari. L’approccio di Silvio parte dalla necessita di rendere ecologico tanto il lavoro in vigna, quanto quello in cantina, e per questa ragione, già nel 2003, ottiene la certificazione biologica.
Un aspetto che definirei “musicale” nella produzione di Silvio, e che, anche senza questo aggettivo, farà la sua fortuna, è la scelta dell’equilibrio come tratto distintivo di tutti i suoi vini; una scelta decisamente in controtendenza visto che sono anni in cui i consumatori sono ancora alla ricerca di vini strutturati, rotondi e ampi. Mentre la certificazione diventa biodinamica, Silvio affina il suo “tatto”, rendendo sempre più impalpabili, quasi un velo di seta, i suoi vini, come nel caso del Tïn Rosso, un Sangiovese in purezza, che riveste il ruolo di portabandiera dell’azienda.
“Tïn” significa argilla in Arabo, e questo anticipa abbastanza esaustivamente le caratteristiche produttive di questo vino. Le uve sono quelle di un vigneto di 20 anni di età media, piantate con una densità di 6500 ceppi per ettaro. Queste, una volta arrivate in cantina, fermentano spontaneamente e macerano per un arco temporale che oscilla dai 6 ai 10 mesi, in anfore di terracotta (dolia).
Una volta sfecciato, il vino affina per un arco temporale di altri 6-12 mesi, sempre in anfore di terracotta. L’imbottigliamento senza filtrazione o chiarifica prelude a un periodo di affinamento in vetro, prima della commercializzazione.
L’annata 2019 sfoggia un colore rubino scintillante che non da mai l’idea di una eccessiva consistenza, con un ventaglio di sentori che si apre su note di melagrana, marasca, ribes rosso e arancia rossa, seguite da Rosa canina, pot pourri di erbe aromatiche, cuoio di Vacchetta e vinile, con echi conclusivi di incenso bianco, muschio bianco e sottobosco.
Il palato è un ideale palcoscenico dove i tanto decantati equilibri iniziali mettono in opera un elegante balletto in cui la freschezza, la misurata sapidità minerale e il tannino impalpabile sono gli indiscussi étoiles; il tutto mentre, per via retrolfattiva, ritornano, con precisione chirurgica, i sentori percepiti al naso, che accompagnano il sorso a una chiusura lunga e scintillante come il Valzer dei fiori da “Lo Schiaccianoci” di Tchaikovsky.
RATING: ⭐⭐⭐⭐⭐
PREZZO: €€
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