
La storia della cantina Mamete Prevostini inizia a Mese, un piccolo borgo della Valchiavenna in provincia di Sondrio, 15 chilometri a nord del Lago di Como, nel 1928, con la creazione di un’azienda artigianale dedicata alla produzione ortofrutticola, vitivinicola e di salumi. Si tratta di un’attività di carattere locale che ha come centro operativo il Crotto di famiglia, una tipica cavità naturale formatasi in epoca preistorica che garantisce temperature ideali per la conservazione di cibo e bevande. L’esempio del nonno e del padre spingono il giovane Mamete, negli anni ’90, a proseguire l’attività di famiglia, con particolare attenzione alla produzione del vino. Mamete, però, sogna un cambio di passo e così, dopo essersi diplomato alla scuola enologica di Conegliano, comincia a imbottigliare e a vendere il vino che, fino ad allora, veniva servito esclusivamente presso il ristorante di famiglia.
Produrre vino in Valtellina è per il giovane Mamete una vera scelta di vita che richiede grande determinazione: in quelle zone, infatti, i vigneti non sono per nulla ospitali, caratterizzati da altitudini tra i 400 e i 700 metri di altitudine e da inverni estremamente rigidi. Inoltre, è necessario costruire terrazzamenti impervi e scoscesi che rubano terra coltivabile alla montagna e che, non a caso, sono stati definiti “terra verticale” e riconosciuti patrimonio immateriale dell’UNESCO.
Nei 30 ettari di proprietà Mamete pratica una viticoltura eroica, attenta e di ispirazione ecologica, con la quasi totalità delle operazioni svolte manualmente, anche perché sarebbe piuttosto complicato usare un trattore con quelle pendenze. In più, dal 2013, la cantina è raddoppiata: quella che comprendeva anche il vecchio Crotto è stata destinata all’invecchiamento delle bottiglie mentre la nuova, a Postalesio, a 10 chilometri da Sondrio, nel cuore della Valtellina, è diventata il motore pulsante dell’azienda. Si tratta di un cubo di 300 mq costruito in funzione del massimo risparmio energetico possibile (Mamete ama dire che “si può riscaldare con un fiammifero e raffreddare con un cubetto di ghiaccio”): utilizzo di energie rinnovabili e lavorazione per caduta delle uve sono solo due degli accorgimenti che le sono valse la certificazione “Casaclima Wines” (la prima in Lombardia e la terza in Italia).
Tra i vini prodotti il Sassella San Lorenzo merita una menzione speciale: è un vino nato da un vero e proprio Clos recintato, a circa 450 metri di altezza, con una storia alle spalle lunga e significativa. Questo singolo vigneto appartiene al convento di San Lorenzo, appena fuori Sondrio, ed era stato coltivato per anni dalle suore della Santa Croce dell’ordine di Menzingen, in particolare da Suor Ludovica che vi aveva passato l’esistenza unendo, quotidianamente, il maniacale lavoro manuale a momenti di preghiera e raccoglimento. Intorno alla fine degli anni ’90 fu proprio Suor Ludovica a chiedere alcuni suggerimenti al fine di migliorare la produzione di quel vino, e così iniziò una collaborazione durata fino al 2001, quando la Madre Superiora chiese a Mamete di occuparsi, in prima persona, della cura del vigneto e della sua vinificazione. Grazie a questa collaborazione nacque, nel 2005, la prima annata di questo vino, un Nebbiolo (o Chiavennasca, come viene chiamato in quelle zone) in purezza che, dopo fermentazione e macerazione di 15 giorni, matura in grandi botti di rovere per 16 mesi ed affina per altri 10 in bottiglia.
L’annata 2016 sfoggia un colore rosso granato leggero, con un ventaglio di profumi che si apre su note di ribes rosso, lamponi, rosa Tea e pot pourri, seguite da melagrana, scorza d’arancia, eucalipto citrato e vaniglia, con echi conclusivi di cuoio biondo, vinile e boisée. Il sorso, nonostante un corpo piuttosto ampio, colpisce per l’elegante freschezza, sia balsamica che citrina, e per un tannino setoso che carezza dolcemente il palato; il tutto arricchito dal ritorno retro-olfattivo della frutta rossa fresca unita a un accenno di ematicità/ferrosità su cui si chiude il sorso di ottima lunghezza.
Punteggio: 92/100
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