Santadi è un piccolo paese situato nel Sulcis, l’estrema parte sudorientale della Sardegna, a circa 15 chilometri dal mare, costruito in epoca medioevale in un sito ricco di testimonianze archeologiche risalti alla società nuragica. Qui, il 24 ottobre del 1960, veniva ufficialmente fondata la Cantina Santadi, un progetto nato con la forma cooperativa, basato sulla vinificazione delle uve di un piccolo gruppo di produttori. La struttura portante iniziale era composta soltanto poche vasche di cemento vetrificato, ed è soltanto a partire dal 1979 che le sorti della cantina mutano radicalmente, grazie all’impulso positivo e propositivo di Antonello Pilloni, tutt’oggi presidente della cantina.
Uno dei primi atti di Antonello fu quello di coinvolgere il più famoso enologo dell’epoca, quel Giacomo Tachis che porterà al successo nello stesso periodo veri e propri capolavori enologici, come Sassicaia, Tignanello e Solaia. Il lavoro di Tachis necessitava anche di ambienti adatti e così si procedette a un primo ampliamento della cantina con una sala di vinificazione ultra moderna provvista dei primi serbatoi in acciaio coibentati e refrigerati. Grazie a queste migliorie la cantina riesce, in appena quattro anni, a produrre il Carignano del Sulcis Terre Brune, il primo vino rosso barricato prodotto in Sardegna, un vino che tutt’oggi resta il suo portabandiera. Da allora la cantina ha proseguito nel suo sviluppo rimodernando già quattro volte i locali di vinificazione e affinamento e intraprendendo un percorso di valorizzazione delle risorse naturali in cui è incastonata.
Il vino Villa di Chiesa, ad esempio, nasce da uve piantate nel circondario di Porto Pino, in un’oasi incontaminata di rara bellezza che si affaccia sul mare. Si tratta di un vino composto al 60% da Vermentino e al 40% da Chardonnay che non vengono dichiarati poiché si tratta di un vino IGT (Indicazione Geografica Tipica) che, per disciplinare, non lo consente. Dopo la vendemmia, con una prima selezione in pianta, le uve sono inviate, in piccole cassette, alla cantina dove vengono sottoposte a una pressatura estremamente delicata. Il mosto fiore ottenuto fermenta in barrique e vi rimane anche durante l’intera maturazione, con frequenti bâtonnage, prima dell’imbottigliamento. Altri sei mesi di affinamento in bottiglia e il vino è pronto per la commercializzazione.
L’annata 2016 sfoggia un colore paglierino intenso, con sfumature che oscillano tra il dorato e il verde, e un ventaglio olfattivo che si apre su note di nettarina, albicocca disidratata, mela cotogna e kumquat, seguite da biancospino, mandorle tostate, miele di corbezzolo e vaniglia, con echi conclusivi di salmastro e granito umido. Il palato mantiene una buona freschezza, più balsamica che citrica, nonostante l’evidente morbidezza e la sapidità minerale (la vera protagonista); il tutto mentre ritornano per via retrolfattiva la frutta gialla e il salmastro che accompagnano il sorso fino a una lunga chiusura ammandorlata.
Punteggio: 88/100
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