La storia della cantina Capichera inizia quando la famiglia Ragnedda eredita alcune terre in località Tumbas de sos Mannos (Tomba dei Giganti), un prestigioso sito archeologico formatosi tra il 1800 e il 1100 a.C. ad Arzachena. Siamo negli anni ’70, in Gallura, a circa 20 chilometri dal mare della costa settentrionale della Sardegna, e quelle terre vengono destinate a vigneto, e affiancate da un cantina per la produzione vitivinicola. Dopo qualche anno la cantina passa dai genitori ai sei figli, tra cui si mettono presto in evidenza Mario e Fabrizio, animati da forte spirito imprenditoriale e da un’idea produttiva quasi folle per l’epoca: ottenere dalle uve Vermentino in purezza vini importanti, in grado di competere con i grandi bianchi italiani tout court.
La parte enologica viene guidata da Fabrizio che inizia a campionare i terreni di proprietà secondo una zonazione dettagliata, in grado di fotografare a raggi X ogni singolo vigneto e/o appezzamento. Per esaltare tutte le diversità pedoclimatiche c’è però bisogno di investire e Mario e Fabrizio non si tirano indietro, attraversando una prima fase di sviluppo in cui tutti gli utili della cantina vengono reinvestiti. Una volta trovata la “ricetta” giusta è il turno di Mario, che interpreta il suo ruolo di divulgatore senza risparmiarsi, divenendo, come molti viticoltori sardi gli riconoscono, un vero e proprio ambasciatore del Vermentino, non solo di quello di Gallura, in giro per il mondo. A fianco a questo lavoro c’è poi quello più strettamente commerciale secondo cui, all’alta qualità dei vini prodotti, deve corrispondere un prezzo più alto, lavoro di cui, ancora una volta, hanno beneficiato in molti in Sardegna.
Se oggi questo processo di sviluppo e posizionamento pare compiuto, e la linea produttiva si è aperta ad altri vitigni, come nel caso del Carignano e addirittura del Syrah, è però l’uva Vermentino il piatto forte della casa, costituendo l’unico componente della metà vini prodotti. Tra di essi spicca il VT (vendemmia tardiva) un vino a denominazione IGT Isola dei Nuraghi entrato in produzione nel 1990, con l’intento di proporre ai palati più esigenti dell’epoca un Vermentino surmaturo affinato in barrique; un vino dal carattere intenso e profondo. Le uve, allevate con una densità di 50 quintali per ettaro, vengono raccolte tra fine settembre e inizio ottobre e, dopo una fermentazione di quattro settimane in vasche d’acciaio a temperatura controllata (16/18 C°) affinano per 4-6 mesi in bottiglia, prima della commercializzazione.
L’annata 2017 sfoggia un colore paglierino intenso con un ventaglio olfattivo che si apre su note di nespola, albicocca matura, pera conference ed elicriso, seguite da nettarina, glicine, clorofilla e miele di corbezzolo, con echi conclusivi di ciottoli umidi e iodio. Il palato, nonostante la palese morbidezza, non perde mai l’equilibrio, grazie alla sapidità iodata, a una buona acidità e a un tocco balsamico di pepe bianco; il tutto arricchito dal ritorno della frutta gialla e del vegetale che accompagnano il sorso ad una lunga e succosa chiusura.
Punteggio: 92/100
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